Concorso regionale O.S.S.

Oggetto: concorso regionale O.S.S.

Con riferimento all’avviso ai candidati del concorso in oggetto, fatti gli opportuni approfondimenti, significhiamo quanto segue.
Non possono essere esclusi dai punteggi per titoli di servizio tutti i candidati che hanno prestato attività presso le società in house, dal momento che queste ultime rientrano nel novero delle Pubbliche Amministrazioni.
Infatti, il Consiglio di Stato ha affermato il principio per cui <l’ente in house non può ritenersi terzo rispetto all’amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell’amministrazione stessa >.
L’effetto di tale equiparazione è che ai dipendenti di tali società la giurisprudenza applica l’articolo 52 del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che disciplina il pubblico impiego, che disciplina le mansioni dei dipendenti pubblici.

Pertanto, se non può configurarsi una distinzione soggettiva tra la società in house e l’ente pubblico controllante – di cui la prima costituisce il solo strumento giuridico per l’affidamento del servizio prescindendo dall’indizione di gare pubbliche – analogamente non si può distinguere, quanto all’applicabilità del regime giuridico, tra il personale dell’ente controllante e quello della società in house.
Prova ne sia che l’art.3 D.L. n. 138/2011 conv. in L. n. 148/2011 prevede che le società affidatarie in house adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché delle disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva.

Per di piú, l’art. 18 comma II bis del D. L. n. 138/2011 – come modificato dall’art.1, co 557, della L. n. 147/2013, stabilisce che le disposizioni che stabiliscono, a carico delle pubbliche amministrazioni divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, si applicano anche alle società in house dalle stesse controllate.
Può dunque concludersi, in conformità anche alle pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, che la soggettività giuridica propria della società in house è, dunque, assimilabile ad una mera articolazione interna dell’amministrazione controllante.
Anche l’estensione del danno “erariale”, peraltro codificato dall’art. 12, comma 1, D.Lgs n. 175/16, alle società in house, conferma l’assenza di una separazione tra società controllata e ente controllante.
Infine, la distinzione tra i dipendenti diretti delle P.A. e quelli delle società in house non ha nessuna consistenza concreta, se si considera che i lavoratori interessati svolgono le stesse mansioni, negli stessi ambienti, inseriti nella medesima organizzazione del lavoro, e dunque hanno certamente acquisito identiche professionalità, frutto di esperienze comuni.

Pertanto la distinzione tra gli uni e gli altri resta un elemento formale ed ha carattere palesemente discriminatorio.
Quanto al servizio prestato presso le Case di Cura accreditate e/o convenzionate, non può essere accettata l’interpretazione secondo cui il periodo di servizio indicato dal candidato è rapportato sempre ad un quarto, ai sensi dell’art. 21, c. 2, del DPR 220/01. Infatti, il bando richiama l’art. 21 solo ai fini dell’individuazione degli enti, non certo ai fini dell’attribuzione del punteggio.

Anzi, per chi ha svolto mansioni di OSS presso le Case di Cura accreditate e/o convenzionate la norma in esame non è affatto richiamata, per cui sarebbe illegittima la riduzione del punteggio ad un quarto per il personale in esame.
In ordine, poi, all’esclusione dal punteggio del personale che ha dichiarato il servizio presso tutte quelle strutture che, pur non denominandosi formalmente Casa di Cura, offrono prestazioni sanitarie, seppur congiuntamente a prestazioni sociali, anch’essa è illegittima, tanto piú ove trattasi di strutture accreditate e/o convenzionate, come richiesto
dal bando.

La Casa di Cura, infatti, non può non essere intesa – in assenza di definizione prevista dalla vigente legislazione – come Struttura privata che offre servizi sanitari.

Infatti, la corte di Cassazione ha precisato che < secondo le disposizioni di cui alla L. n. 833 del 1978, deve considerarsi sanitaria ogni struttura che tenda al mantenimento ed al recupero della salute del malato; “Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali…” (art. 1, comma 3)>

Nell’ambito di tale servizio, l’art. 8 bis del d. Lgs. 502/92 stabilisce che < Le regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di assistenza di cui all’articolo 1 avvalendosi …. di soggetti accreditati ai sensi dell’articolo 8-quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies>

Dunque, per definizione legislativa, tutte le strutture accreditate (ex art. 8-quater) e/o convenzionate offrono (ex art. 8-quinquies) offrono servizi sanitari e non possono non rientrare nella definizione di Casa di Cura.

Peraltro, come sostiene costantemente la Corte di Cassazione ed il Consiglio di Stato, anche alla luce del D.P.C.M. 14 febbraio 2001 < nel caso in cui oltre alle prestazioni socio assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l’attività va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Servizio Sanitario Nazionale >.

La connessione tra prestazioni sanitarie e prestazioni assistenziali va ricostruita, oltre che dalla disciplina nazionale, anche dalla definizione del diritto alla salute che si ricava dal diritto internazionale, a cominciare dalla Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in base alla quale “La salute è uno stato di completo benessere
fisico, mentale e sociale, e non consiste solo in un’assenza di malattia o d’infermità”. Negli stessi termini si esprime, a livello europeo, la Carta Sociale Europea, promossa dal Consiglio d’Europa e in vigore dal luglio 1999.

Alla luce di tali principi deve ritenersi che le attività socio assistenziali dirette in via prevalente alla tutela della salute del cittadino siano a totale carico del servizio sanitario e che rimangano escluse le ipotesi, indubbiamente residuali, in cui vengano somministrate prestazioni di natura esclusivamente assistenziale.

Non vi è alcuna ragione, di carattere giuridico né di carattere pratico, per discriminare i lavoratori, che abbiano prestato servizio presso stabilimenti sanitari gestiti da privati – siano essi denominati RSA, RSSA, CRAP o in altro modo – purchè accreditati e/o convenzionati, rispetto a quelli che abbiano prestato servizio presso gli stabilimenti
denominati Case di Cura.

Alla luce delle considerazioni esposte, Vi invitiamo ad accogliere le richieste di cui alla presente nota, anche al fine di evitare un contenzioso dalle proporzioni facilmente prevedibili e, dunque, a sensibili aggravi di spesa a carico del Servizio Sanitario Regionale.

FP CGIL PUGLIA
D. Ficco