No alle pseudo cooperative dei medici di famiglia

La FP Cgil Medici e Dirigenti Sanitari, insieme alla categoria tutta del pubblico impiego, hanno da tempo denunciato l’inaccettabile commistione tra Fimmg, sigla sindacale maggiormente rappresentativa nel settore della Medicina Territoriale, gli ordini dei medici (Fnomceo) e lo stesso Enpam, di cui la Fimmg occupa posti di vertice.La FimCeo (ad indicare un vero e proprio sodalizio tra Fimmg e Omceo!) ha organizzato a Bari un evento sulle cooperative dei medici di medicina generale. Al convegno hanno partecipato, oltre ai vertici regionali della Fimmg e al segretario nazionale, anche il presidente dell’Enpam e il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, barese, che ha definito il convegno “una tappa fondamentale”.

Per la Funzione Pubblica Cgil, in realtà, si tratta di una tappa di avvicinamento alla privatizzazione dell’assistenza sanitaria con la creazione di pseudo cooperative e pseudo società scientifiche e informatiche, gestite proprio da quelle sigle di cui sopra.
La FP CGIL Medici e Dirigenti Sanitari e la FP regionale e nazionale contrasterà in tutti i modi il tentativo di sottrarre risorse pubbliche destinate alle Mission 5 e 6 del PNRR e ai FESR.
Siamo per una sanità pubblica, universalistica e solidale e siamo fermamente convinti che la medicina territoriale (che mette insieme Assistenza Primaria, Continuità Assistenziale,118, Specialistica Ambulatoriale) meriti una rivisitazione degli attuali modelli per garantire da un lato più tutele e diritti ai medici e dall’altro una migliore assistenza di prossimità ai cittadini.

Il fantomatico rapporto di fiducia con i pazienti, richiamato come un mantra dalla FimCeo, non si basa sulla scelta del nome di un medico da un elenco, ma dalla qualità delle prestazioni fornite dal Servizio Socio Sanitario nel suo complesso.
La proposta della Fimmg, in sostanza, sposta in un nuovo luogo fisico le forme già in essere, continuando ad eludere il decreto Balduzzi, disatteso già da decenni.
Soltanto una vera riorganizzazione del sistema di cure territoriali – non una variazione di luogo – potrà finalmente porre fine ad una emergenza territoriale della medicina generale che non nasce da una crisi vocazionale di massa, come molti erroneamente dichiarano ai mezzi di stampa e nelle varie convention, ma da una pessima attrattività della professione, dovuta alla mancanza di tutele, welfare, diritti minimi.
Per tali motivi continuiamo a sostenere, come “via maestra” per un SSSN degno di questo nome, l’ineludibile passaggio alla dipendenza dei professionisti della Medicina Territoriale finalmente integrati realmente con il settore ospedaliero, pur nel rispetto dei ruoli e dell’autonomia professionale di ciascuno.

Anche questo tema importante sarà rappresentato nella grande manifestazione del 7 ottobre a Roma.