La notizia della nuova ulteriore e profonda riforma che si sta per realizzare nel Mibact desta sconcertanti preoccupazioni negli uffici pugliesi del Ministero ed infiamma l’indignazione dei dipendenti.
Presso il Segretariato Regionale MiBACT della Puglia Organizza zioni Sindacali e Amministrazione hanno condiviso ii profondo disagio, diremmo allarme, per questa riforma che rimette in discussione profondamente l’organizzazione degli lstituti.
Senza che sia stato aperto alcun confronto, dibattito o informazione diretta ad interlocutori autorevoli è stata messa a punto una ennesima riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Le Organizzazioni dei Lavoratori sono state coinvolte con formule fittizie e di facciata, in spregio al buon senso e al rispetto per i lavora tori su cui ricadono iniziative di questa gravità.
Eppure la messa a regime della riforma da poco varata ha impegnato, nel corso del 2015, enormi energie e creato innumerevoli problemi organizzativi a tutti i livelli a cui solo lo spirito di abnega zione e di servizio di tutto ii personale ha potuto impedire ii blocco totale delle attività. Questa perché la riforma si e abbattuta sugli uffici periferici senza chiare indicazioni, in carenza di personale, in assenza di risorse, di strutture e mezzi di ogni tipo, generando contrasti fra istituti riformati e di nuova creazione e mettendo in condizione gli uffici di lavorare sul limite della paralisi, in qualche caso non lavorare affatto.
Per questo in Puglia ii giorno 11 gennaio ’16 tutti i dirigenti e tutte le organizzazioni sindacali hanno condiviso un documento che denunciava la difficoltà di gestire la tutela e la valorizzazione con un organico ridotto e del tutto insufficiente, con elementi di confusione non di poco conto, non venivano esplicitati i destini dei laboratori, anche quelli di restauro che hanno sempre costituito l’eccellenza del ministero. Non a caso ii giudizio allarmato era sottoscritto anche dal direttore del Polo Museale e dalla direttrice del MaRTA , uffici di nuova istituzione .
La riforma implementata nell’anno scorso non si e ancora compiuta del tutto, ma, benché contrari in buona parte alla riforma stessa, tanto lavoro è stato profuso e tanti sacrifici sono stati fatti dai dipendenti perché si potesse uscire al più presto da un regime di emergenza in cui erano stati condotti .
Si è trattato di far fronte ad una riforma controversa, che ha agitato grandi opposizioni, perché la divisione netta, fondamentalmente ideologica, tra valorizzazione e tutela non ha mai convinto chi conosce i beni culturali; perché la valorizzazione, così come prospettata, ha inevitabilmente fatto intuire uno sviluppo oscuro, teso a strizzare l’occhio al mercato e aIla spettacolarizzazione degli eventi piuttosto che aIla conoscenza, alla crescita e alla formazione della cittadinanza .
Ma ii 2015 ha riservato altre sorprese. II varo delle legge Madia con l’introduzione del silenzio assenso e la sottoposizione degli uffici alle ex prefetture ha scosso fortemente perché con la scusa di rinnovare la P .A si aggiunge un grimaldello nelle mani della politica, nello specifico del Governo, che potrà così esercitare ogni forma di ingerenza nell’attività autonoma del Mibact. Più che rispondere ai dettami della Costituzione, la tutela dovrà a breve conformarsi agli interessi di bottega, in un paese incancrenito e aggressivo, dove si consumano 8 mq di suolo al secondo, appiattito su un malinteso concetto di liberismo, in cui il bene collettivo è costantemente oggetto di aggressione speculativa. Anche questa è stata l’occasione per avvilire le funzioni del ministero e i suoi dipendenti, le cui disfunzioni, che ovviamente vi sono, bisognava che fossero affrontate con strumenti ben più adeguati.
In questo clima e in queste condizioni, mentre è ancora in corso la fase complessa fatta di interpelli, nomine e organizza z ione degli uffici in ogni loro aspetto, che ha già causato alla collettività e agli utenti rallentamenti, disagi, disservizi e incertezze e all’interno degli uffici ha provocato un lungo blocco di ogni programmazione e azione seria sui territori, oggi si vuole ricominciare , quasi con capriccio, con un nuovo disegno. L’ unificazione delle Soprintendenze Belle arti e paesaggio con quelle Archeologia e, per quanto riguarda la tutela , la contestuale crea zione di alcune nuove soprintendenze , nate dalla gemmazione di quelle esistenti , quindi una nuova ripartizione territoriale.
Si tratta di un programma inaccettabile.
Per quanta riguarda ii merito:
- Questa disegno comporterebbe l’appiattimento di specificità scientifiche e culturali differenti . Si tratta di una questione già affrontata e risolta nel corso del secolo scorso quando le soprintendenze uniche, formate nel 1923, furono separate nel 1939 appunto in archeologia e belle arti perché non avevano data buona prov a. lnfatti, a differenza della recente unifica zione SBSAE-SBAP , non vi sono quelle continuità disciplinari fra belle arti e archeologia preconizzate nelle ingenue e generiche formule recentemente apparse alle cronache Un approccio più ne w age che scientificamente fondato. Mentre l’attuale
procedimento complesso, in cui ricadono competenze di più soprintendenze, che spesso bisogna riconoscere è mal gestito , va certamente messo a regime e riorganizzato , ma con altri sistemi. Così come
appare strumentale e pretestuoso ii ricorso alla soprintendenza unica per ovviare il silenzio assenso. lnfatti, l’organizzazione degli uffici che si complica verticalmente, con l’introduzione del responsabile d’area, può solo allungare la “filiera” e appiattire , svilire e deresponsabilizzare le figure coinvolte nel procedimento. È facile comprendere , per esempio, l’imbarazzo di dirigenti architetti alle prese con problemi di indagini archeologiche stratigrafiche e viceversa. Cosicché il soprintendente perderebbe s empre più di vista l’ottica specifica del proprio lavoro e del progetto c ulturale ad esso sottinteso.
- Proprio nel momento che si manifesta l’emergenza del silenzio assenso e dopo la confusione generata dall’attuazione della riforma 2015, si riavvia ii carosello delle nomine e insediamenti, si rimettono a bando tutti i posti di soprintendente creando una nuova fase di incertezza e l’azzeramento di ogni
- . Nella specifi co in Puglia la crea zione di nuove soprintendenze costituirà un problema d i assoluta gravità. Frutto di un disegno astratto e scollegato dalle reali questioni L’elimina zione della sede della Soprintendenza Archeologia a Taranto cancella anni di Storia e di Cultura e compromettendo ancora di più un patrimonio di conoscenze già gravemente pregiudicato nella sua sostenibilità strutturale , finanziaria , impoverito dalla carenza di personale specialistico necessario a garantire l’offerta culturale del territorio tarantino che continua ad interrogarsi sulle possibili alternative del suo rilancio economico e produttivo . L’istituzione della nuova Soprintendenza unica a Foggia a costo zero creerà enormi problemi al suo effettivo insediamento per la carenza di persona le e di mezzi, già oggi riscontrabile visto ii taglio dell’organico e delle risorse già operato, più volte evidenziato dalle organizzazioni sindacali e dagli stessi dirigenti degli istituti.
lnoltre confusione e difficoltà di rispondere ai nuovi compiti della tutela del patrimonio librario ci saranno per la nuova Soprintendenza archivistica e bibliografica della Puglia e Basilicata che già doveva affrontare con un organico risicato i suoi compiti istituzionali sul pa trimonio archivistico a cavallo tra due regioni,
adesso cumula anche quelli riferiti al patrimonio bibliografico con lo stesso numero di personale . Ma anche quelle operazioni che si possono condividere al netto delle preoccupazioni per la carenza di personale, come inserimento di Canne della Battaglia nel Polo Museale della Puglia, vengono oscurate dalle contraddizioni , o meglio dalla superficialità dovute alla evidente non conoscenza del territorio. lnfatti non si comprende il mancato inserimento nel Polo Museale del Parco Archeologico di Monte Sannace, considerato lo stretto legame con il Museo Nazionale Archeologico di Gioia del Colle, oppure l’inserimento del Chiostro del San Domenico a Taranto, quasi a volerlo sradicare dal Convento che ospita la Soprintendenza Archeologia.
- Una riorganizzazione delle sedi genera ulteriori spese, inutili e dannose per chi conosce le questione sul campo, e incide pesantemente sulla gestione amministrativo-contabile , costringendo a nuovi passaggi di
consegne e a una nuova modifica dei codici e delle registrazioni informatiche che consentono agli uffici di gestire la contabilità, i pagamenti, gli appalti, gli acquisti in rete sul mercato della P .A.,etc. lnoltre .si rischia
di disperdere il patrimonio documentario di questi uffici, che è parte del complesso archivio della cultura
italiana, o di renderlo di fatto inutilizzabile ai fini della tutela del nostro patrimonio, sempre bisognoso di cure attente e qualificate.
Per quanta riguarda ii metodo:
questa riforma cadrebbe nuovamente sulla testa dei dipendenti Mibact, in un rapporto ormai conclama to di “regnante e suddito”. Avrebbe il sapore di un’oziosa e intestardita velleità rivoluzionaria , ormai tardiva, che trova il disappunto di chi conosce da vicino le questioni dei beni cultuali italiani e di chi subisce tutti gli
effetti d i tali trasformazioni di impianto organizzativo. Se l’opinione pubblica non protesta è perché viene
genericamente informata per mezzo di proclami che ricordano la retorica dell’lstituto Luce. Mentre tutti i dipendenti sono fortemente preoccupati, offesi e avviliti per l’eventualità di dover rieditare una brutta e insensata riforma, in un momento di assestamento di quanta già faticosamente , e non del tutto , rinnovato . Bisogna constatare con amarezza che da parte di chi decide e scrive in solitario gli articoli dei decreti , mai un dubbio trapela, mai un’esitazione, sana e doverosa a fronte delle proteste di un grande coro di persone, lavoratori e specialisti del settore .
Rigettare i dipendenti tutti in una condizione di stress da carichi di lavoro inopinabili, continuando a costringere il personale di periferia, piuttosto che a rispondere alle esigenze della tutela, a lavorare per applicare prima la riforma e ora la “controriforma” , sarebbe un atto di accanimento perpetrato con protervia ai danni del lavoratore stesso che tanto somiglia al mobbing.
Pertanto si chiede all’On. Ministro di ripensare ii provvedimento alla luce delle osservazioni sopra esposte e a quelle che da più parti sono state fatte da autorevoli personalità che operano nell’ambito dei beni culturali, anticipando che se tale programma dovesse essere portato in esecuzione, si valuteranno le azioni di lotta e di denuncia inasprendo quelle che già si stanno articolando sul territorio .
Bari, 25 gennaio ’16
I COORDINATOR! MiBACT PUGLIA
FP CGIL – Matteo Scagliarini | CISL FP – Massimo Colonna
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UIL PA – Francesca Esposito
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